Confintesa: Congedi e permessi retribuiti per i genitori lavoratori

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Congedo di maternità

Il congedo di maternità spetta alla lavoratrice madre, che è tenuta ad astenersi dal lavoro nel periodo che intercorre tra:

– i 2 mesi precedenti la data presunta del parto (cui si aggiunge l’eventuale periodo tra la data presunta e quella effettiva del parto avvenuto oltre il termine);

– i 3 mesi successivi al parto.

La lavoratrice può optare per un’astensione pari a solo un mese precedente al parto, e fruire così dei 4 mesi successivi alla nascita: deve però essere attestato dal medico curante, o dal medico che effettua la sorveglianza sanitaria, che non vi sono controindicazioni al lavoro durante l’ottavo mese di gravidanza.

Il congedo può essere poi anticipato:

– per gravi complicazioni della gravidanza o a causa di una malattia che può essere aggravata dalla gravidanza;

– per condizioni di lavoro o ambientali che possono pregiudicare la salute della madre e del bambino;

– se la lavoratrice svolge un’attività faticosa, insalubre o che la espone ad rischi per la sicurezza e la salute, nei casi in cui non può essere spostata ad altre mansioni.

Il congedo può essere posticipato, sino a 7 mesi dopo il parto: – per condizioni di lavoro o ambientali che possono pregiudicare la salute della madre e del bambino;

– se la lavoratrice svolge un’attività faticosa, insalubre o che la espone ad rischi per la sicurezza e la salute, nei casi in cui non può essere spostata ad altre mansioni.

In caso di ricovero del neonato, la madre può chiedere la sospensione dell’astensione obbligatoria e di godere del congedo dalla data di dimissione del bambino.

L’indennità di maternità è pagata dall’Inps (ma solitamente anticipata dal datore di lavoro) ed è pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera, moltiplicata per il numero dei giorni di astensione.

Il congedo di maternità spetta al padre lavoratore nei seguenti casi:

– morte o grave infermità della madre;

– abbandono del bambino da parte della madre;

– affidamento del bambino al padre in via esclusiva


Congedo di paternità

Da non confondere col congedo di maternità spettante al padre in alternativa alla madre, nelle ipotesi eccezionali appena esaminate, il congedo di paternità, previsto in via sperimentale per l’anno 2016, consiste in:

– 2 giorni di astensione obbligatoria retribuita, da godere entro 5 mesi dalla nascita del bambino, non frazionabili a ore;

– 1 o 2 giorni di astensione facoltativa retribuita, da godere entro 5 mesi dalla nascita del bambino, non frazionabili a ore; questo congedo deve essere fruito in alternativa al congedo di maternità e non in aggiunta.


Permessi per visite mediche

Durante la gravidanza, la dipendente ha diritto di assentarsi dal lavoro, avvalendosi di permessi retribuiti, per effettuare esami prenatali, accertamenti clinici o visite specialistiche, se le prestazioni sanitarie devono essere effettuate durante l’orario lavorativo.

Per utilizzare questi permessi, la lavoratrice è tenuta a informare l’azienda della gravidanza, presentando la certificazione medica; deve poi richiedere il permesso con un’apposita domanda e, dopo gli accertamenti sanitari, presentare la documentazione che attesti la data e l’ora in cui sono stati effettuati.


Riposi giornalieri

I riposi giornalieri, meglio conosciuti come permessi per allattamento, sono riconosciuti nel primo anno di vita del bambino e sono pari a:

– un’ora al giorno, se l’orario lavorativo giornaliero è inferiore alle 6 ore;

– 2 ore al giorno, se l’orario è superiore alle 6 ore;

– mezz’ora al giorno, se il datore ha istituito in azienda o nelle vicinanze un asilo nido o una struttura idonea.

Questi permessi possono essere fruiti anche dal padre lavoratore nei seguenti casi:

il figlio è affidato al solo padre;

– la madre è morta o ha una grave infermità;

– la madre non è lavoratrice dipendente;

– la madre non ha la possibilità o decide di non avvalersi dei permessi.

I permessi per allattamento non possono essere rifiutati dal datore di lavoro, in quanto la loro fruizione è un diritto potestativo in capo al genitore: il dipendente deve presentare domanda per la fruizione degli stessi prima del periodo di riposo e deve impegnarsi a comunicare eventuali successive variazioni riguardanti le ore di assenza.


Congedo parentale

Il congedo parentale, o maternità facoltativa, consente alla lavoratrice madre e al lavoratore padre di assentarsi dal lavoro sino ai 12 anni di età del figlio.

L’assenza può essere così suddivisa: – genitore solo: massimo 10 mesi; – somma delle assenze di entrambi i genitori: massimo 10 mesi (nessuno dei 2 può superare la soglia dei 6 mesi);

la somma può essere pari a 11 mesi se il padre fruisce di 7 mesi di congedo. Per il congedo parentale spetta un’indennità pari al 30% della retribuzione sino ai primi 6 anni di vita del bambino, per un massimo di 6 mesi complessivi retribuiti tra i 2 genitori;

l’indennità può essere prevista anche sino agli 8 anni di età del bambino, ma solo per i lavoratori con reddito inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione (cioè sotto i 1.253,00 € mensili).

Il congedo parentale può essere frazionato anche in maniera oraria: in questo caso l’indennità spettante è la medesima, ma è differente la procedura di domanda da inoltrare all’Inps.

Inoltre il congedo parentale orario può dar luogo a problemi di compatibilità con altri permessi, come quelli previsti dalla Legge 104:

per approfondimenti, si veda: Congedo parentale a ore e altri permessi. Permessi per figli disabili

Nel caso in cui un figlio sia portatore di handicap grave, è possibile fruire:

– di permessi orari retribuiti par a 2 ore al giorno;

– in alternativa, del prolungamento del congedo parentale, secondo quanto disposto dal Testo Unico maternità e paternità [1];

– dei permessi orari o giornalieri previsti dalla Legge 104 (per approfondimenti, si veda: permessi Legge 104,la guida).


Permessi per malattia del bambino

Per la malattia del figlio è possibile assentarsi:

– per tutta la durata della malattia del bambino, sino ai 3 anni di età;

– per un massimo di 5 giorni all’anno, dai 3 agli 8 anni.

L’assenza non è retribuita ma sono riconosciuti i contributi figurativi, sino ai 3 anni.

I dipendenti pubblici hanno invece diritto di assentarsi, nei primi 3 anni di età del bambino, sino a 30 giorni l’anno, con retribuzione al 100%.

Il medico curante del bambino deve trasmettere, in via telematica, il certificato all’Inps, che lo trasmette a sua volta al datore di lavoro.

Questi non è comunque tenuto alla reperibilità per la visita fiscale, in quanto l’infermità non riguarda il lavoratore.

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