Perché Confintesa non sciopera per Gaza

di Francesco Prudenzano, Segretario Generale di Confintesa
Di fronte alla immane tragedia umanitaria che si consuma a Gaza, la coscienza di ogni persona non può che sentirsi interpellata. L’impulso a reagire, a fare qualcosa, è forte e comprensibile. In questi giorni, nel panorama sindacale, c’è chi ha scelto la via dello sciopero generale, uno strumento storico delle lotte dei lavoratori. Confintesa, pur condividendo la profonda angoscia per le vittime civili e la ferma condanna di ogni violenza, ha scelto una strada diversa. Una scelta non dettata da incertezza, ma da una precisa e ponderata visione del nostro ruolo. Non scioperiamo, perché crediamo che a problemi complessi non si possa rispondere con gesti semplici e divisivi.
Lo sciopero generale, in questo contesto, rischia di essere un rituale consolatorio, un’eredità di quel Novecento le cui lenti ideologiche si sono rivelate incapaci di leggere il presente.
È un’azione che incentiva il conflitto invece di risolverlo, che alza muri invece di costruire ponti. Risponde alla logica della fazione, dello schieramento, della contrapposizione sterile che da troppo tempo avvelena il dibattito pubblico.
È un modo per dire “noi siamo contro”, senza però costruire un “per”.
Confintesa nasce proprio per rompere questi schemi, per rifiutare l’idea che l’unica alternativa sia tra un’indifferenza colpevole e una protesta che si esaurisce nel giorno stesso in cui viene proclamata.
La nostra risposta è di un’altra natura. Non è un’azione di protesta, ma un atto di responsabilità. Per questo, nei giorni scorsi, abbiamo simbolicamente riconosciuto lo Stato di Palestina, inviando una comunicazione formale sia al Rappresentante dell’Autorità Nazionale Palestinese sia all’Ambasciatore di Israele in Italia.
Non abbiamo scelto un campo contro l’altro. Abbiamo scelto il campo del diritto, del dialogo e della pace, unica via per garantire un futuro di sicurezza e dignità a entrambi i popoli.
Il nostro è un gesto generativo: non ferma il Paese, ma cerca di avviare un processo; non sottrae, ma aggiunge un mattone alla difficile costruzione della coesistenza. Agiamo così perché per noi un sindacato non è un apparato, ma un “organismo vivo” che deve servire il bene comune.
Questa scelta non è un episodio isolato, ma l’applicazione concreta del nostro paradigma: essere un sindacato per il XXI secolo. Un sindacato che, di fronte alle grandi sfide globali, non si limita a reagire, ma agisce con proposte concrete. Un sindacato che non distribuisce slogan, ma educa alla responsabilità e alla complessità. Che non si accontenta di difendere, ma si impegna a creare valore condiviso, sia esso economico, sociale o, come in questo caso, civile e umano.
Perciò Confintesa non sciopera! Non per silenzio, ma perché abbiamo scelto di parlare un’altra lingua: quella della proposta costruttiva e dell’umanesimo del lavoro.
La vera solidarietà, per noi, non si misura in ore di astensione dal lavoro, ma in atti concreti che, per quanto piccoli, aprono uno spiraglio di futuro.
Fonte: www.confintesa.it
